GuideIn evidenzaSpillatura e contropressione

Fermenti in pressione? Ovviamente.

In questo breve articolo vorrei illustrarvi come fermento in pressione. Qualcuno me l’ha chiesto, ma in molti si sono già attrezzati e lo fanno da ormai un annetto.

Quello che andrò ad illustrare è il metodo che uso io in casa, con piccoli volumi e attrezzatura limitata. È perfetto o molto impreciso? Nessuno dei due.

Non possiedo fermentatori pressurizzabili, né in inox né plastica. Non mi interessa spendere ogni mese denaro su denaro nella novità, nell’aggeggino che mi semplificherebbe anche di poco la vita piuttosto che nel growler o nel fusto in più… per non parlare del fermzilla! Questo perché di passioni ne ho tante e i soldi che se ne vanno in stro… ehm… ricerca e sviluppo sono già fin troppi. Attenzione: non voglio dire che chi si aggiorna continuamente sbagli, anzi, ma semplicemente che c’è gente là fuori molto più all’avanguardia di me. Io in ogni caso sono molto soddisfatto dello stato attuale delle cose; tanto, per fare birra in casa, ci vuole prima di tutto il manico. 😉

Pronti, partenza, via!

Una volta pronto il mosto lo trasferisco nel mio fermentatore inox ricavato da un fusto per l’olio con fondo saldato (non graffato) e inoculo il lievito. In base alla densità iniziale, al tipo di lievito e alla temperatura di fermentazione ci vorranno un numero differente di giorni per arrivare ad un’attenuazione di circa il 50%. Quando il lievito è, in poche parole, a metà del proprio lavoro (se non a tre quarti) trasferisco in un fusto jolly.

Indicativamente con una birra di media densità ci vorranno tre giorni perché un lievito tipo il famosissimo US-05 superi la metà della fermentazione. Se ne utilizziamo uno inglese esso tenderà a fare prima, al contrario di un lager che, invece, tarderà all’incirca di un altro paio di giorni.

Trasferire la birra ancora verde in un altro contenitore che poi andremo a pressurizzare porta due grossi vantaggi:

  • Impedire all’ossigeno di entrare in soluzione e, casomai qualche ppm dovesse farlo, verrà poi consumato dal lievito ancora ben attivo;
  • il grosso del residuo attaccato alla pareti del fermentatore verrà via molto facilmente, perché non ancora secco. Chi di noi non si è ritrovato ad imprecare contro quei fastidiosissimi residui di lievito poiché non possiamo neanche raschiare con la parte verde della spugna?

Ed ora lo spunding

Una volta in fusto saturo e desaturo un paio di volte. Se voglio una birra che a 21ºC stia sui 20 psi saturo a 22. Poi monto la valvola di spunding completamente chiusa e la regolo a 20 psi. A questo punto lascio tutto come sta in camera di fermentazione e mi godo la vita.

La temperatura viene misurata all’esterno. Perché? Pur essendo un fervido sostenitore della misurazione all’interno durante la fermentazione va detto che, essendo ormai la fase tumultuosa passata, anche la forte tendenza all’innalzamento di temperatura e dunque allo sbalzo termico è minima.

In sostanza mi interessa avere un controllo preciso e costante al decimo di grado durante i primi giorni, poi, quando il lievito non può lasciare in giro tanti sottoprodotti, smetto di tormentarmi. Semplicemente a quel punto non ha senso farsi problemi inutili. Se siete stati bravi fin qui, la temperatura della vostra camera sarà identica a quella all’interno del fermentatore e la birra verrà buona lo stesso.

Per chi fosse interessato, ho scritto un articolo più approfondito sullo spunding.

Di qui tutto come al solito

Se devo fare dry-hopping desaturo, apro, butto il luppolo e richiudo immediatamente perché la birra in pressione tende a risalire con la classica forza di una coca-cola in cui viene gettata la mentos. I due fenomeni sono identici, si chiama nucleazione.

Una volta chiuso saturo e desaturo un paio di volte, avendo cura di sanificare anche gli attacchi e gli innesti, sia prima che dopo. Alla fine rimetto la valvola di spunding (fatelo, c’è una cosa chiamata hop creep).

Dopo circa tre giorni piazzo tutto al freddo e attendo almeno un paio di notti. A questo punto imbottiglio, sempre in contropressione. L’unica accortezza che mi piace utilizzare è, in caso abbia fatto dry hopping, trasferire sempre in contropressione il tutto in un fusto intermedio. Tutto ciò per non avere residui di pellet in nessuna bottiglia, dalla prima all’ultima.

Che cosa utilizzo

Innanzitutto un fermentatore con portasonda interno che arriva proprio al cuore del contenitore. Per il travaso un sifone e un po’ di sanificante non schiumogeno. Nel fusto di fermentazione in pressione sostituisco il tubo di pescaggio del liquido con uno in plastica cui è attaccata una sfera galleggiante in inox. Questa soluzione è stata presa dal fermentasaurus e in effetti il tubo è il suo originale. Nel prossimo capitolo parleremo di un’accortezza da avere senza meno con tale oggetto.

Infine una valvola di spunding, qualche metro di tubo da spillatura (passo 9,5) e attacchi di tipo john guest.

A voler fare le cose correttamente ci si potrebbe munire di questo aggeggio che mi sono auto-costruito durante i movimenti da un fusto all’altro.

Sono necessari un connettore, un manometro, un tee e un rubinetto per gas, il tutto reperibile da ogni rivenditore di materiale per spillatura. Attenzione tuttavia al passo accettato dal manometro.

Il problema del pescaggio con la sfera galleggiante

Avendo inevitabilmente dei sedimenti non bisognerebbe montare il tubo di pescaggio in acciaio in dotazione ai normali corny keg. Esso è pensato per birra già pulita, pronta per il servizio. Anzi, è pensato per bevande gasate. La soluzione consiste nell’utilizzare un tubo come quello fornito col pressure kit del Fermentasaurus, come dicevamo prima. Purtroppo esso è più lungo del dovuto per i nostri scopi. L’inconveniente è che, piegandosi sul fondo e poi risalendo, l’estremità inferiore potrebbe salire leggermente al di sopra del livello del liquido e quindi pescare aria. Immaginate i moccoli se ciò dovesse accadere durante l’imbottigliamento. A Frank (Brewing Bad), per esempio, è successo. Anche a me è successo, e pure a Davide (RovidBeer).

L’unica soluzione che finora ho trovato è stata tagliare il tubo di modo che sia della lunghezza sufficiente ad arrivare al fondo, non di più. Per il resto, potete pregare tutti i santi che conoscete.

Sperando come sempre di essere stato utile, vi saluto!

Un tubo così lungo vi garantirà un inferno poi, all’imbottgliamento.

Iacopo Zannoni

Da sempre bevitore di birra, scopre quasi per gioco il mondo dell'homebrewing e ne rimane incantato. Paranoico, attivo e molto noioso, nella vita è attualmente un laureato in lettere con velleità editoriali. Nel tempo libero cerca di spacciarsi come macellaio.

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