Birra e dintorni

Perché in Italia non avremo mai un’identità birraria

Succede che la vita ti porta all’estero, lontano dall’Italia, da casa e dalla birra Italiana. Smetti quindi di frequentare amici, locali e pub Italiani in favore di ciò che trovi all’estero, fuori dalle nostre abitudini. Succede che hai modo di osservare come funziona a Londra. Succede che ti capita di pensare blasfemie: noi, in Italia, non avremo mai una vera cultura birraia, perché non c’è una vera cultura del bere… o meglio: troppo spesso questa cultura è tanto parlata quanto mai vissuta.

Perché le persone bevono

Innanzitutto, capitando in territorio inglese, si rimane impressionati. In Italia abbiamo l’amico a cui piace bere, quello che a fine lavoro trovi immancabilmente al bancone del pub/bar con una birra media in mano, sempre. E di questi pittoreschi individui se ne vedono relativamente pochi, dalle nostre parti.

A Londra invece è cosa comune. Non è il singolo individuo a bere, ma l’intera comunità. Ritrovo fisso per scolarsi un paio di birre, chiacchierare o, perché no, leggere il giornale con una pinta in mano, al pub non si può mancare. Gli orari di apertura di molti luoghi storici sono esemplificativi: dalle 12.00 alle 23.00 circa. Chi chiude prima, chi lo fa dopo. Dalle cinque e mezza del pomeriggio, poi, diventa un vero e proprio inferno: calca insostenibile, gocce per terra e bicchieri da più di mezzo litro colmi; i bagni affollati e maleodoranti, la confusione e l’allegro chiacchiericcio; dalle due alle quattro persone dietro al bancone a spillare, di continuo.

Perché? Perché chi si presenta al pub lo fa di abitudine, o meglio di routine (e gli inglesi sono molto affezionati alla routine), per godersi una birra, per rilassarsi ma soprattutto perché gli piace bere… e la birra, nella maggior parte dei casi, costa poco.

E se vi dicessi che ogni birra ha un suo prezzo?

Ebbene sì. Ogni spina ha un suo costo, che va a pinta. Ne vuoi mezza? Non c’è problema: la paghi metà di una pinta. Né più, né meno. Un terzo? Due terzi? Te la faccio pagare sempre in rapporto, perché alcuni locali inglesi offrono anche queste ultime misure, anche se non sono poi così usuali. E, udite udite, tutti i bicchieri hanno l’unità di misura indicata. Altro che le nostre generiche “birra media” e “birra piccola” che lasciano a volte molta libertà di margine interpretativo. Perché noi Italiani siamo, nel bene o nel male, dei maghi dell’interpretazione.

Se questo vi sembrerà strano, non avete ancora sentito nulla. Se ordino una Bitter la pagherò, mettiamo, quattro sterline; con una Ipa andrò sulle quattro e cinquanta; sulla bomba luppolata (anche se non se ne trovano tante, anzi…) probabilmente anche cinque, sei a crepare. Questo perché ogni birra ha il suo prezzo, dettato con ogni probabilità dal costo al litro per il locale.

Ce n’è per tutti i gusti

Entro in un pub e voglio farmi una lager al mais e burro: troverò un bionda industriale (vi potrebbe capitare anche la Moretti, vi avviso). Sono contento. Voglio bere sidro? Troverò di sicuro qualcosa. Classica bitter/pale ale/old ale inglese? Eccomi servito. Piccolo e grande birrificio, in linea generale, convivono. Poi ovvio che ci sono pub dove per scelta si servono solo piccoli birrifici indipendenti di quella specifica area geografica, altri che danno da bere solo realtà craft più o meno grandi, altri solamente locali, altri ancora con birre particolari da beernerd dalle aggiunte improbabili, mentre tu sei lì a reclamare la tua benedettissima bitter al diacetile. Oppure classici pub dove il massimo che puoi rimediare è la classica Guinness al classico carboazoto, ma quelli non sono posti dove solitamente la gente si reca unicamente per la birra. Stiamo insomma parlando di tendenza generale, se ancora non l’aveste capito.

Cosa ne deduciamo? Che se entro in un pub, con ogni probabilità potrò bere locale, mi verrà servita real ale a pompa, ma lo stronzo che è dietro di me e che reclama una birra bionda, industriale e piatta nel gusto, non si vedrà guardato male da publican, avventori, vicina di casa e persino gatto di passaggio.

Bere in quantità

Noi Italiani non siamo un popolo di bevitori; gli inglesi sì. La birra standard è, come ho già avuto modo di dire, la pinta. No, non è la stessa unità di  misura della pinta americana. La pinta inglese, o imperiale, è quasi 0,57 litri, più di quella americana.

Come mai gli inglesi riescono a bere così tanto? Prima di tutto perché, lo sappiamo, le loro birre tradizionali sono poco gasate, prive di schiuma e di basso grado alcolico. In più la loro concentrazione in termine di sapori non è estrema. Due birre su tre hanno un vago sentore di diacetile (alcune anche di più) e alcune contengono quantità discrete di acetaldeide, ma rimangono comunque birre piacevoli da bere in quantità, che non stancano per la troppa complessità. Molto probabilmente per alcuni di noi queste birre potrebbero sortire l’effetto contrario: stancano perché troppo “piatte”, non lo metto in dubbio. Purtuttavia per il palato inglese la cosa sembra funzionare, e anche bene.

 

Perciò diciamocelo, ecco perché sicuramente molti inglesi riescono a bere così tanto: le loro sono birre leggere. Abbiamo risolto? Siamo in pace col mondo? Certo che no. A mio parere c’è un’altra differenza sostanziale tra noi e loro: la capacità di bere a stomaco vuoto.

L’Italiano se beve deve mangiare, specie quando beve più del solito. L’inglese, dal canto suo, beve senza problemi anche a digiuno. Io stesso quando incomincio a bere birra sento dopo una ventina di minuti il bisogno fisico di mangiare. È una fame alcolica con la quale rimane difficile fare i conti. Al pub l’inglese medio ti può chiedere un pacchetto di patatine, al massimo; motivo per cui i pub sono pieni di quei piccoli, colorati sacchetti appesi alla parete. Fuori da lì? Ci sono le classiche pies, torte salate al burro (tanto burro) e morte, maledettamente buone, che vengono mangiate come una specie di cena. Raramente per contrastare la fame alcolica, più spesso come scusa per cenare fuori casa.

Quindi cosa abbiamo imparato?

Che noi non siamo dei bevitori perché, per bere, dobbiamo mangiare.

“Eh, grazie al piffero! Siamo il paese della bella cucina, dovremo pur tenere alto il nostro onore!”

Che mi dici del famosissimo beer mile?

Non mi piace. Eresia, lo so. Potreste anche smettere di leggere, a questo punto.

Iniziamo col dire che ci si può andare solo nel fine settimana: venerdì, sabato e domenica. All’infuori di quei tre giorni non si trova quasi nulla aperto. “Eh che cavolo! Io voglio darmi all’alcolismo per tutta la settimana, cristo!”

Poi, i prezzi della maggior parte dei locali lì sono esagerati, quando le stesse birre le potresti anche trovare in pub aperti tutta la settimana, ad un costo inferiore. Non tutte le birre, chiaro, le bevi da altre parti (perché alcune sono veramente particolari e guardano più verso l’estero che alla tradizione inglese, o semplicemente sono molto alcoliche o con un “volume” di bevuta molto alto). Da queste altre parti (il pub tradizionale) può poi anche capitare di trovare la specialità come una hoppy stout molto caratterizzante, oppure la collaborazione unica e spettacolare ad otto sterline la pinta. Una follia, lo so, ma che vale ogni maledettissimo penny speso. Tuttavia queste sono le eccezioni… altrove. Al beer mile la regola. Lì si trovano birrifici relativamente giovani, molto validi che fanno birre strepitose per cui in Italia andremmo matti, che costano e hanno un respiro internazionale.

Ecco in sintesi perché non mi entusiasma il beer mile: perché le birre che bevi sono internazionali. Se vuoi bere inglese tradizionale devi andare in un pub tradizionale, dove si notano subito le pompe. Sfido io a trovare un solo posto al beer mile dove le spine sono superate dalle pompe.

In conclusione?

Noi in Italia non avremo mai un’identità birraia perché non abbiamo una cultura della birra. Questo è dato dal fatto che:

  1. Beviamo poco;
  2. Non siamo abituati a bere, dobbiamo mangiarci dietro;
  3. Non abbiamo una tradizione birraria;
  4. Non abbiamo una storia alle spalle, una storia fatta di secoli e persone che vanno al pub dopo lavoro, di abitudini dure a morire, una storia testimoniata dai pavimenti in legno consunti e dai quadri appesi alle pareti;
  5. Quella della birra artigianale sta assumendo i caratteri della moda, una moda fatta di stili e gusti internazionali;
  6. C’è molta disinformazione, alimentata dal fatto che ogni pub fa sostanzialmente quel cavolo che gli pare, rendendo difficile la standardizzazione delle buone norme di servizio;

Ma soprattutto, per bere noi dobbiamo parlare. La tendenza generale non è tanto il bersi una birra per il semplice gusto di farlo, ma berla per poter raccontare di averla bevuta. Il che è molto poetico, ma crea molta confusione. Paradossalmente, passiamo molto più tempo a parlare del bere piuttosto che a bere… E forse è un bene perché altrimenti saremmo sempre ubriachi. 🙂

Ho finito di sproloquiare, giuro.

 

Iacopo Zannoni

Da sempre bevitore di birra, scopre quasi per gioco il mondo dell'homebrewing e ne rimane incantato. Paranoico, attivo e molto noioso, nella vita è attualmente un laureato in lettere con velleità editoriali. Nel tempo libero cerca di spacciarsi come macellaio.

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