GuideSpillatura e contropressione

Homebrewing e fusti: guida alla scelta

La prima cosa su cui mi informai, quando decisi che era tempo di spillare la mia birra, fu l’utilizzo dei fusti. Prima ancora di scegliere come e con cosa spillare la mia birra, capì che era meglio sapere quale tipo di fusto avrebbe fatto al caso mio.

Premetto che non esiste LA soluzione giusta, ma tante soluzioni che, a seconda dei casi, ognuno di noi potrebbe adottare in base a disponibilità economica, praticità, velocità, sete, tempo di consumo richiesto e volume prodotto.

Prima di incominciare: il principio di funzionamento

Abbiamo un fusto contenenente birra gasata, dunque con anidride carbonica disciolta (leggi in pressione). A causa della sua pressione, superiore a quella atmosferica, appena diamo uno sfogo al liquido (chiuso nel fusto) esso tenderà a fuoriuscire fino a quando la pressione interna non sarà la stessa della esterna. Mettendo in linea un rubinetto possiamo decidere quando dare sfiato al fusto e dunque quando spillare. Fin qui tutto molto semplice.

Quando facciamo fuoriuscire birra il fusto tenderà a perdere pressione che riacquisterà a sua volta dal gas disciolto nel liquido, sgasandolo. Per preservare la pressione della birra (e dunque evitare che perda in carbonazione) immettiamo a nostra volta gas, quasi sempre CO2 alimentare. Quanto gas? Dipende da diversi fattori, tra cui: grado di saturazione della birra, temperatura della stessa, altezza e lunghezza delle tubazioni etc… etc… Ma questo è un discorso a parte e non ha senso affrontarlo qui. Ciò che conta è che ogni tipo di fusto dovrebbe prevedere un’entrata (gas) e un’uscita (birra), a volte unite in un unico innesto (come nel caso della baionetta), a volte separate (pin lock o ball lock).

Come possiamo carbonare la nostra birra? Con un normalissimo priming (che dipenderà molto dalla pressione sopportata dal fustino che utilizziamo; in linea molto generale 2gr/lt), oppure facciamo carbonazione forzata, con CO2 esterna (vedi il vademecum alla contropressione). Oppure, addirittura, fare spunding.

Chiarito ciò, passiamo al perché state leggendo questo articolo.

Soluzione 1: ho soldi da spendere, voglio impiegare poco tempo

La soluzione più pratica in questo caso sono i fusti monouso chiamati solitamente keykeg o polykeg, a seconda del tipo. Sono i classici fusti da pub in plastica e vanno dai 16 ai 30 litri. Ve ne sono di due tipi: senza sacca (generalmente chiamati Polykeg) e con sacca (Keykeg). Il principio di funzionamento varia a seconda del tipo: nel primo caso l’anidride carbonica immessa verrà inevitabilmente a contatto con la birra, nel secondo no perché la birra è contenuta in una sacca all’esterno della quale immettiamo CO2 (un po’ come se la strizzassimo). Non dovrebbe esserci bisogno di specificare che, una volta aperto il fusto, la birra in keykeg si ossida più lentamente.

Keykeg con innesto baionetta

Per infustare? Presupponendo che questi fusti siano nuovi, tutto ciò che dobbiamo fare è collegare il fusto provvisto di attacco baionetta inserito (con cui solitamente funzionano) ad un tubo in linea col fermentatore e il gioco è fatto. Questi fusti sono già sanitizzati e pronti all’uso, dunque tempistiche e lavoro sono veramente ridotti. Ciliegina sulla torta sono facilmente reperibili, anche su siti italiani di rivenditori di materiale per homebrewing. L’unica pecca è che il loro costo si aggira intorno ai venti euro, a seconda del tipo e della capienza. Se avete qualche amico nel settore che ne fa uso quotidiano magari riuscirete a trovarli anche a meno, ma non ve lo garantisco.

In alternativa potreste provare a riutilizzarli entrando al loro interno con un attacco a baionetta liberato della valvola di non ritorno per gas e liquido e facendo scorrere al loro interno apposite soluzioni, oppure aprendoli con chiavi appositamente ricavate da tubi per idraulica (quelli arancioni per intenderci), come in video.

 

L’unica raccomandazione è di fare attenzione a lavorare in questo modo perché i fusti sono in pressione. La prima cosa da fare è sgasarli, sempre.

Soluzione 2: voglio qualcosa di robusto, pratico e riutilizzabile

La scelta più ovvia in questo caso sono i fustini detti “jolly”. Avete presente quei fusti stretti e alti con fondo e testa in gomma nera vulcanizzata che vengono solitamente usati per bevande come coca-cola? Quelli.

Questi contenitori sono i più utilizzati in ambito casalingo per tre motivi: sono facilmente reperibili, lavabili e sanificabili, inoltre durano in eterno. Ne esistono di due modelli: 9 litri e 18 litri (più comuni), entrambi in acciaio inox 18/10. Si trova anche qualche versione da 5 litri, proporzionalmente ad un prezzo molto maggiore.

Fusti jolly, tipo coca-cola, da 18, 9 e 5 litri

Solitamente in ambito casalingo si trovano con attacchi di tipo Jolly, presentano una bocchetta facilmente richiudibile e apribile (una volta depressurizzato il fusto) su cui si trova anche una valvola di sfiato di sicurezza, il classico tubo di pescaggio che arriva fino al fondo e uno molto più corto per il gas. Tutte queste componenti sono facilmente smontabili e in caso sostituibili tramite una semplicissima chiave inglese. La pressione che possono sopportare questi fusti è molto più elevata rispetto a quelli in plastica o in alluminio.

Alcuni homebrewers, (specialmente gli americani) fermentano anche in questi contenitori, tuttavia in questo caso la pulizia risulta estremamente più difficoltosa. Io stesso ho preso a fermentare in questi contenitori, ma solamente dopo aver condotto la prima parte, quella più “sporca” in un fermentatore tradizionale.

Questi fusti sono prodotti in Italia dall’azienda AEB kegs e sono facilmente reperibili, specie nei siti italiani dedicati all’homebrewing. Ho provato a contattare il produttore ma non ha risposto, evidentemente non interessato a clienti così piccoli.

Infustare con questi contenitori è molto semplice: basta aprire in coperchio, inserire il nostro tubo che pesca dal fermentatore e aprire il rubinetto o avviare il sifone. L’unica raccomandazione necessaria è quella, una volta finito e chiuso il coperchio, di collegare l’entrata gas alla bombola e dare un colpo di CO2 per far sì che questa vada a comprimere coperchio e guarnizione contro il fusto, rendendolo di fatto ermetico.

Innesti Jolly e coperchio apribile con valvola di sicurezza per la pressione. Gli innesti jolly gas,  sempre a destra, hanno delle piccole scanalature alla base.

La soluzione perfetta per tutti gli homebrewers è ostacolata tuttavia dal costo: parlando di nuovo ci aggiriamo intorno ai novanta euro per le versioni da 5 e 9, cento euro per quelle da diciotto. Ogni tanto se ne trova qualcuno usato (da diciotto) nei vari mercatini homebrewing ed il costo è di circa un terzo rispetto al nuovo.

Soluzione 3: cerco qualcosa di piccolo, economico e pratico

In questo caso la soluzione sono i fustini da cinque litri in alluminio. Il discorso non si allontana molto dalla lattina: internamente dovrebbero avere una pellicola protettiva che evita il contatto della birra col metallo. Di fatto però, da quanto ho potuto riscontrare (spesso con amici homebrewers), le birre casalinghe che passano in questi contenitori hanno tutte in sottofondo un leggerissimo sapore ematico o metallico che dir si voglia. La praticità, la facile reperibilità e il costo irrisorio vanno a scontrarsi dunque con questa grossa pecca.

Solitamente i suddetti si abbinano ad uno spillatore chiamato “party star” (essenziale, pratico e veloce), oppure ad si utilizzano le versioni con rubinetto, spillando “a caduta”. In caso volessimo utilizzarli col nostro spillatore esistono macchinari appositi (diciamo attrezzi amatoriali) dal costo facilmente accessibile, come questo, o appositi adattatori, come quello in foto.

Adattatore con entrata gas e uscita liquido, versione autocostruita. Dovrebbe essere possibile comprarne tramite rivenditori tedeschi una versione simile (dagli 80 ai 100€). I link in mio possesso su ebay non sono più funzionanti. Il gommino serve da esempio: individua il punto in cui l’adattatore si applica ai fusti, perfettamente a tenuta. Ringrazio Domenico per l’immagine.

Infustare anche qui è molto semplice: basta inserire la nostra gomma nel foro superiore di entrata e il gioco è fatto. Una volta pieno si applica un apposito tappino in gomma per la tenuta della pressione.

La carbonazione canonica è di 2 gr litro (altrimenti il fusto esploderebbe). Io mi sento di consigliare, invece che 10 gr a fustino, un 6 o 7 gr e poi compensare con cartucce di CO2 a servizio perché si rischia che le prime pinte vengano di sola schiuma.

Vi consiglio questi fustini? No. Il costo di cinque euro è certamente invitante, la praticità altissima però… da come la vedo io, non ha senso fare una birra che, per quanto buona, sappiamo verrà rovinata a priori da un sapore metallico, per quanto in sottofondo. Ad onor del vero devo dire che i miei assaggi si sono limitati alle soluzioni acquistate tramite rivenditori italiani per materiale da homebrewing. Non so se il fornitore possa essere lo stesso, ma mi riservo in futuro l’assaggio di una birra infustata in contenitori reperiti da qualche altra parte. Chiariamoci, magari può essere solamente una mia fisima, anche se solitamente l’assaggio ragionato e discusso in compagnia inganna poco.

La mia esperienza

Per concludere, vi lascio la mia esperienza di utilizzo. Adesso lavoro solamente con fusti di tipo jolly per la loro praticità di utilizzo, di pulizia e stoccaggio. I fustini da nove litri, se non da cinque, sono chiaramente la scelta più funzionale: una cena con amici o in famiglia e si finiscono in una sera, al limite nei giorni immediatamente seguenti. Purtroppo il loro costo in proporzione alla capienza non è proprio vantaggioso, perciò di questi ne possiedo solamente uno per tipo, mentre di quelli da diciotto litri sono pieno. Con quest’ultima versione è praticamente impossibile in ambito casalingo finire tutto in poche ore, per garantire più freschezza possibile anche all’ultimo bicchiere. Ci sono persone che si dotano di una pistola riempitrice in contropressione (vedi il vademecum) ed imbottigliano le rimanenze per consumarle con calma, chi si dota di un keezer e stocca tutto lì, al fresco, pronto per essere consumato e finisce tutto da fusto. Se invece la birra rimane lì per un mese dall’apertura, oltre a significare che non avete gli amici giusti, vuol dire che il fusto da diciotto litri non fa per voi.

La praticità è comunque molto alta in quanto spesso mi capita di fare una cotta da circa 20/21 litri che finisce tutta in un fusto. Contando la velocità di questa forma di confezionamento si può produrre birra più spesso e al contempo avere una scusa in più per fare una serata tra amici. Ovviamente la raccomandazione è infustare nei jolly solamente birre di facile beva e bassa gradazione alcolica, non certo Barley wine o Imperial stout!

Un ultimo appunto

Parlo proprio a te, homebrewer agli inizi che sei capitato su questo articolo. Stai pensando di comprare o costruirti un impianto di spillatura, vuoi confezionare il tutto in fusto, per non avere sbattimenti con le bottiglie. Puoi farlo? Certo, nessuno te lo vieta. Dal canto mio però ti consiglierei di cominciare con le bottiglie, di capire questo hobby: se può fare per te, se hai serie intenzioni di continuare, se effettivamente avrai tempo da dedicargli e voglia. Quando le tue birre verranno bene, gli amici le potranno bere non solamente per cortesia e produrre sarà diventata una tua abitudine, allora saprai che sarai pronto ad infustare. Attenzione, nessuno ti vieta di farlo prima. Non voglio tarparti le ali, solo consigliarti al meglio, perché di interesse a farti spendere dei soldi inutilmente non ne ho alcuno.

Iacopo Zannoni

Da sempre bevitore di birra, scopre quasi per gioco il mondo dell'homebrewing e ne rimane incantato. Paranoico, attivo e molto noioso, nella vita è attualmente un laureato in lettere con velleità editoriali. Nel tempo libero cerca di spacciarsi come macellaio.

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