Aracne, la svuota dispensa
All’homebrewer medio rimane sempre un po’ di malto in più, troppo poco per una ricetta ordinaria, troppo per essere buttato lì nel grist allo 0.05%, solamente per levarselo dalle balle. Che dire poi dei luppoli? Le buste da 100gr non vanno mai bene: troppo poco; due da 100 o una da 250, invece, proprio no: troppo, poi che ne facciamo?
Si creano così quelle scorte da smaltire che rimangono sempre sul groppone. So che alcuni non si fanno problemi andando di pattumiera senza pensarci due volte. Altri invece lasciano i malti lì per le generazioni a venire, salvo poi ricordarsene il giorno della cotta quando, effettivamente, servono ma ci si trova in mezzo qualche farfalla, due formiche, un ragno solitario, parecchi bruchi e una famiglia di profughi immigrati clandestinamente.
Io sono del parere che gli avanzi andrebbero usati, quando incominciano ad accumularsi ma sono ancora in ottima forma, in una ricetta studiata ad hoc senza mirabolanti pretese. Sia per quanto riguarda luppolo che per malti, lieviti o altre aggiunte.
Come stendere una ricetta con gli avanzi
Bisognerebbe, a mio parere, concentrarsi su un elemento (o un paio) da mettere in rilevo e da lì ricamare tutto il resto, sempre con gli avanzi a disposizione. Personalmente non sono per le seimila aggiunte, né tantomeno per fare le cose senza un minimo di criterio. Dunque diciamo basta alle ricette fatte ad mentula canis giustificate dal “eh, dovevo svuotare il magazzino!”. Si possono fare birre buonissime anche con gli avanzi indesiderati, basta usare testa e buonsenso.
Come? Pensando prima di tutto analiticamente e con cognizione di causa, cioè scomponendo metaforicamente il bicchiere ed analizzandolo in tutte le sue parti, esattamente come si dovrebbe fare scrivendo una qualsiasi altra ricetta. Solamente che qui partiamo a ritroso: pensando prima agli ingredienti di cui ci vogliamo sbarazzare e solo in seguito ad una birra che, sulla base di questi, potrebbe essere piacevole da bere.
Attenzione però: non bisogna cercare di inserire necessariamente tutti gli avanzi in ricetta, perché altrimenti creeremo il classico mappazzone impossibile da bere. Bisogna pur sempre fare una birra bevibile, sennò tanto vale buttare direttamente la materia prima avanzata. Per lo stesso principio non dobbiamo nemmeno temere di aggiungere qualche cosa che non è necessariamente da smaltire, come un malto speciale comprato appositamente per l’occasione o una busta del lievito che sarebbe perfetto.
Aracne, l’idea
Come esempio vi porto la mia ultima birra, Aracne.
Mi rimanevano alcuni luppoli tra cui un Crystal nostrano coltivato a Cesena, una manciata di europei e 30 grammi di Mosaic. Il Crystal è erbaceo e, alcuni dicono, leggermente speziato. Il cultivar in mio possesso è nello specifico speziato. Dunque, mi sono detto, se questo profilo dovrà spiccare maggiormente, quali altri luppoli potrebbero sostenerlo e completarlo senza tuttavia coprirlo? A questo proposito ho scartato subito il Mosaic per concentrarmi su un mix di Saaz e Saphir. Il secondo avrebbe rafforzato l’erbaceo per aggiungere una live nota floreale mentre il terzo si sarebbe concentrato sullo speziato. Questo per quanto riguarda i luppoli, che questa volta avevo più a cuore di smaltire.
Sul malto, invece, il discorso si faceva molto più interessante. Immaginando olfatto e retro-olfatto descritti sopra, cosa sarebbe stato meglio come fermentabili? Scartai a priori una base caramellata che avrebbe coperto il tutto. Guardai perciò all’inventario: monaco, pilsner, carapils e pale i malti di cui mi volevo liberare. Lasciando da parte il monaco ho optato per finire due sacchi di pilsner (tedesco e belga) e riservare il pale per il futuro. Siccome il carapils non avrebbe stonato ho aggiunto tutto quello che mi rimaneva, attento però che non ce ne fosse una percentuale spropositata sul totale. Fatto ciò mi sono fermato ad immaginare nuovamente il bicchiere e mi sono accorto che, forse, mancava qualcosa. Non avevo intenzione di utilizzare un lievito lager e perciò il risultato sarebbe stato un po’ piatto, visto e rivisto. Ho deciso allora di aggiungere del Vienna (che non dovevo finire) al dieci percento e sostenere la struttura altrimenti esile con un tocco di avena non maltata.
Come acqua sarei sicuramente andato con un profilo leggero, con qualche bicarbonato in più.
Ciò pensando anche al lievito. Non mi andava proprio a genio di usare il classico, trito e ritrito US-05: troppo neutro, la birra non avrebbe entusiasmato nessuno. Pensando e ripensando alla fine ho optato per un lievito inglese che mi lasciasse il profilo leggermente più sporco e interessante, se non altro qualcos’altro su cui soffermarsi oltre al luppolo e al panificato del vienna combinato al pilsner. Perciò ho utilizzato il Nottingam della Lallemand, che lo shop Ninkasi ha gentilmente deciso di offrire.
La ricetta
- Nome: Aracne
- Stile: Ale, generico
- Metodo: BIAB
- OG: 1050
- FG: 1011
- ABV: 5,1%
- IBU: 24
- EBC: 10,5
Ricapitolando quanto detto sopra:
- Acqua: Con pochi sali, bicarbonati a 150 ppm;
- Malto: pilsner (mix tedesco e belga) 73%; vienna 15%; avena, fiocchi 10%; carapils 2%;
- Luppolo: magnum, 60 min, 12 IBU; crystal, 30 min, 6 IBU; crystal, 15 min, 2gr/lt; crystal, 0 min, 2gr/lt; saaz, 0 min, 2gr/lt; saphir, 0 min, 1gr/lt;
- Lievito: nottingam, lallemand, in discreto overpitching. Tenuto a 17ºC per 2 giorni, poi aumentato gradatamente a 21ºC mantenuti fino a completa attenuazione.
Il risultato
All’aspetto ci siamo. Colore giallo, schiuma di trama fine mediamente persistente. Limpida: una settimana al freddo prima di imbottigliare.
A naso è speziata e anche qui ci siamo. Si percepisce pure il panificato. Il lavoro del lievito rimane coperto dal luppolo a birra fredda, forse emerge maggiormente a fondo bicchiere ma non porta traccia di diacetile o acetaldeide. Inoltre, più che l’erbaceo si percepisce il floreale. Soddisfatto, specie perché dopo tre giorni di fermentazione (durante il travaso prima dello spunding) ho percepito un lieve sulfureo riconducibile a quello del mercaptano, scomparso in seguito.
In bocca è una buona birra. C’è il panificato del vienna e l’eleganza del pilsner. Quello belga spicca maggiormente con una nota più biscottata, ma la rusticità del tedesco, nonostante non salti subito al palato, è comunque ravvisabile. Il sapore da luppolo c’è ed è piacevole.
Le sensazioni boccali sono buone, l’astringenza inesistente (non che abbia usato molto luppolo, intendiamoci). L’unica pecca è la carbonazione che avrebbe beneficiato anche solo di 0,2 volumi in meno.
Rimane ancora un mistero sul mercaptano sospetto che poi, con mia grande gioia, è scomparso. Problema del lievito? Non credo: ho lavorato altre volte con quel ceppo e non mi è mai capitato. Forse il luppolo? Probabile, perché il mercaptano a volte è causato da dei composti organici presenti in maggiore quantità in certe varietà. Stranamente però ho sempre saputo che questi composti sono presenti maggiormente in tipologie che ricordano più il mango o l’uva spina e che non ho usato, ma qui si conferma la mia ignoranza in materia. Sul perché poi sia scomparso (o almeno, io non lo sento più) altro mistero per me. Oppure, semplicemente, non era mercaptano. Poco importa: non c’è più. Se dovesse capitare nuovamente indagherò più a fondo, comparando ricetta e procedure.
Il succo di questo articolo è tuttavia un altro: si possono fare birre buone anche con gli avanzi. E, più che una ricetta, spero di avervi dato una procedura. Certamente non la migliore, ma quella che funziona per me.
Prosit!